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Pilota d'aerei, la nostra è una vita stressante

Un coetaneo del copilota della Germanwings, in servizio negli Usa, "siamo sempre sotto stress, ma non facciamo controlli o visite dallo psicologo" Stefano Biundo, desiano, è un pilota d'aerei. Ha alle spalle oltre 3500 ore di volo con la American Eagle, nonostante la sua giovane età. Ha 29 anni, solo due anni in più di Andreas Lubitz, il copilota dell'aereo della Germanwitz che, stando alle indagini, ha provocato volontariamente lo schianto costato la vita, martedì scorso, a 150 persone. «Non è la prima volta che un pilota si suicida in volo: mi sembra di ricordare un altro caso avvenuto su un volo della Ethiopian Airline» dice,  in collegamento via Skype dall'Alabama, negli Usa, dove lo hanno raggiunto la moglie Cristina e il figlio Lorenzo di 20 mesi. "Da noi negli Stati Uniti comunque per regola non può stare un solo pilota in cabina: se il collega deve assentarsi anche solo per qualche minuto, deve entrare un assistente di volo". E allarga
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Donne venute dall'Est

«Cosa desideriamo? Un posto dove incontrarci, al caldo». Lo dicono in coro, Maria,  Ludmilla, Galina, Valentina, Olga, Anna, Oxana, Irina, Anna, Nadia, Alessia. «Ocen priatna». Piacere di conoscervi. Non tutte vogliono farsi fotografare. Il loro "salotto" è il parchetto di via Fratelli Cervi a Desio. Si ritrovano qui, tutti i pomeriggi, dalle 14 in poi, per circa due ore. E' il loro tempo libero. Poi devono rientrare al lavoro, a casa degli anziani che accudiscono quotidianamente. Un lavoro duro, quello delle badanti. Non hanno una propria casa, uno spazio tutto loro. Ecco, allora, che alla domanda: «Che cosa desiderate?» rispondono tutte insieme: «Un posto chiuso, dove trascorrere le nostre ore libere, incontrarci e chiacchierare tranquillamente».  E' la stessa risposta, la stessa esigenza che emerge dalla ricerca sulle donne immigrate di Desio,  promossa dall'amministrazione comunale in collaborazione con associazioni e scuole del territorio, nell'a

Nazir 'pace pace'

« Mangio lasagne, pizza e spaghetti, penso  e scrivo poesie in italiano» . Nazir Shahid racconta sempre volentieri la sua storia. Lui ce l'ha fatta. Arrivato dal Pakistan nel 1990, dopo tanta fatica e sudore, oggi può dire di essersi ben integrato in Italia. Anzi. E' più che integrato. E' diventato italiano, perchè nel 2011 ha ottenuto la cittadinanza. Resta un punto di riferimento per la sua comunità d'origine e per i tanti stranieri che giungono in Brianza in cerca di fortuna. «Bisogna darsi da fare» ripete. Nazir lo ha dimostrato. Non appena ha trovato lavoro, negli anni 90, si  è specializzato come saldatore. «Nei primi tempi, mentre i miei colleghi erano in pausa pranzo,  io imparavo il mestiere affiancando il mio capo». Il pakistano ha subito compreso l'importanza della formazione. «Ho imparato l'italiano». Dopo il lavoro, per lui c'era la scuola. «Ho ottenuto il diploma di terza media frequentando il corso serale delle 150 ore alla scuola Rodar

Io, musulmano, volontario in oratorio

Contro i pregiudizi e le paure, per la convivenza tra culture e religioni. La bella storia di Hasan.  Gioca  calcio, allena, fa il volontario all'oratorio. E ha tanti amici italiani. Il giorno di Natale lo passa con la famiglia dei suoi amici più cari, italiani. «Perchè è bello condividere le gioie». Mohamed Hasan, 26 anni, pakistano, è in Italia da 17 anni. «Ho frequentato la quinta elementare e le medie a Giussano e poi l'Itis Fermi di Desio».  La sua adolescenza è stata come quella di tanti coetanei italiani. Calcio, amici, uscite serali.  «Mi sono italianizzato» scherza. «Ragiono come un italiano: focalizzo gli obiettivi e cerco di raggiungerli. Non mi perdo in distrazioni». Come un perfetto brianzolo, insomma. Casa, lavoro, famiglia. Hasan vive con mamma, papà e fratelli a Giussano.  Come suo papà Ashraf, è punto di riferimento della comunità pakistana del centro islamico di via Forlanini di Desio e dei giovani dell'associazione Mhinhaj Ul Quran. «Ai miei coe

Utenti in coda: 140

"C'è solo da augurarsi di stare bene"   mi dice il pensionato seduto accanto a me. Da un paio d'ore siamo in attesa davanti agli sportelli del centro di prenotazione di visite ed esami in ospedale. Insieme a noi,   ci sono decine e decine di persone. 140 utenti in coda, leggo sul bigliettino erogato dal display, non appena prenoto il mio turno. 140?!   Non è uno scherzo. L'ampia sala de Cup appena rinnovata è strapiena. Le sedie sono tutte occupate.    La gente aspetta in piedi, paziente, il proprio turno. Incredulità, stupore, rabbia, rassegnazione.   Gli stati d'animo si alternano. Il tempo dell'attesa diventa occasione per chiacchierare col vicino, sfogarsi, confidarsi. Ciascuno ha una storia da raccontare. "Ho chiesto appuntamento dall'oculista per il mio bambino - mi dice la ragazza seduta di fianco - ho chiamato   a gennaio, mi hanno dato appuntamento oggi, a settembre. Ho aspettato   9 mesi.   Quando ho prenotato mi hanno detto che se

Il costruttore di aquiloni

Nel suo Paese, il Pakistan, costruiva e vendeva aquiloni. Hussain Shabas, 41 anni, oggi vive in Brianza con la famiglia e fa il magazziniere. Quando racconta del suo   vecchio lavoro gli brillano ancora gli occhi. “Lavoravo anche di notte per rispondere alle richieste delle aziende e dei negozianti, quando c’era la festa degli aquiloni”, spiega, mentre fa volare in alto un aquilone colorato, al parco comunale. Il suo è quello che vola più in alto. Qual è il segreto? “La precisione nella costruzione. Le aste di bambù devono essere ben allineate e attaccate alla copertura di carta”. Il pakistano produceva aquiloni di tutti i tipi, forme e colori. “Anche il materiale è importante: io facevo arrivare la carta dalla Germania. Era molto fine e leggera. Per le asticelle, usavo il bambù”. Hussain ha imparato il mestiere fin da piccolo, quando   a Lahore giocava per ore sui tetti di casa, proprio come racconta Kalhed Hosseini nel suo libro “Il cacciatore di aquiloni”. “Sono caduto dal tetto

Incontri speciali...

Stanno dando una vera e propria scossa alla città i frati e le suore animatori della Missione Giovani, partita il 3 aprile e che si concluderà domani, domenica 13. Non passano inosservati i 36 religiosi invitati dalle parrocchie di Desio e del Decanato (Nova, Muggiò e Bovisio) per incontrare i giovani e dare nuovi stimoli al cammino di fede e di ricerca di ciascuno.   Hanno ballato sul sagrato della Basilica improvvisando flash mob sabato e domenica, camminano per le strade, accolgono i ragazzi nella “tenda della missione” allestita davanti a Villa Tittoni, animano le serate nelle parrocchie. E soprattutto ascoltano. “I ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati” spiega frate Matteo Della Torre. “Noi siamo qui per loro, senza l’orologio in mano” aggiunge frate Francesco Mazzon. Tanti giovani si stanno così avvicinando   alla missione cittadina. “Il nostro scopo è quello di seminare. Vogliamo risvegliare i cuori assopiti e dormienti di chi frequenta già le parrocchie, ma anche cont